DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - L’ESPANSIONE  "HORIZON FORBIDDEN WEST. BURNING SHORES", SOLO PER PLAYSTATION 5, CI TRASPORTA IN UNA LOS ANGELES AFFOGATA E BRUCIATA PER COMBATTERE UN ODIOSO IMPRENDITORE MEGALOMANE E NARCISISTA. DOPO ANNI DI ESILIO E SEGREGAZIONE, RITORNARE PER QUALCHE LIETISSIMA ORA AD ESSERE LA ROSSA ALOY CI FA FINALMENTE AVERE LA POSSIBILITÀ DI CEDERE ALL’AMORE… - VIDEO

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Federico Ercole per Dagospia

 

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Malgrado il valore ludico e un successo più che parziale, lo splendore di Horizon 2 Forbidden West si estinse troppo presto, offuscato dal nero ciclone di Elden Ring con il quale la seconda avventura post-apocalittica di Aloy uscì in una sventurata contemporaneità.

 

Un peccato, perché l’opera di Guerrilla Games in esclusiva per PlayStation permane tra i più suggestivi videogiochi “open-world” degli ultimi anni per la sua bellezza naturalistica e meccanica, per la diffusione delle sue innumerevoli storie nell’immensa ambientazione e per le qualità  fanta-antropologiche nell’invenzione di popoli e culture.

 

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Accadde così anche con Horizon Zero Dawn nel 2017, schiacciato tra Legend of Zelda Breath of The Wild e Nier Automata, sebbene quel primo episodio non uguagli l’arte, la “giocosità” e la profondità del suo seguito.  Ecco dunque giungere (solo sull’ormai finalmente reperibile PlayStation 5) l’espansione ed epilogo di Horizon 2 intitolata Burning Shores, una nuova e concisa epopea che ci riporta ad essere Aloy, questa volta in viaggio per le “roventi coste” di Los Angeles e dintorni.

 

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La brevità di Burning Shores è comunque ingannevole, un’illusione sorta dal desiderio di volere ancora di più  o dall’urgenza di terminare, perché quest’espansione va giocata più che mai con lentezza, fermandosi, ammirando i selvatici panorami della metropoli californiana ormai rudere sepolto dalla giungla, dalle acque e dai fuochi, un’attività che è sia estetica che meditativa.

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UN NUOVO E ODIOSO NEMICO

È necessario avere completato Forbidden West per avviare gli eventi di Burning Shores, che comincia luttuoso in una maniera involontaria ridultando davvero struggente, perché vi vediamo subito Sylens, dal corpo digitale del recentemente scomparso e bravissimo Lance Solomon Reddick. Un fantasma elettronico in un mondo elettronico. Sylens inviterà Aloy a viaggiare fino a Los Angeles dove ha localizzato una nuova minaccia. Non è facile, per chi ha terminato da mesi Forbidden West, tornare ad essere Aloy, traditi dalla memoria digitale. Ma dopo poco ci si abitua alle sue abilità già avanzate, ci di adatta di nuovo con violenza, per sopravvivere.

 

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Così cominciamo a viaggiare per l’arcipelago in cui è ridotta Los Angeles, navigando per acque di nuovo cristalline, attraversando giungle dalla vegetazione gentile, arrampicandoci per i relitti di edifici sepolti e abbattuti dal verde, sostando nei pressi della collassante scritta sulla collina di Hollywood, un’epitaffio per il cinema morto.

 

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Ci sono nuove creature meccaniche ad aggiungersi al già ricco bestiario, insetti ed anfibi, zanzare metalliche che sorgono a sciami da uova d’acciaio, rane abnormi con serbatoi tossici e alla fine il mostro robotico più impressionante che Aloy abbia mai affrontato.  Risulta odioso in maniera particolare, tra i già tanti odiosi avversari che Aloy ha affrontato (i membri di un’orripilante classe dirigente responsabile dell’apocalisse e poi fuggita dal pianeta), il nemico a cui questa volta daremo la caccia: un imprenditore narcisista e megalomane plausibile in una maniera terrificante.

 

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Assai utili, ma talvolta è un po’ troppo ermetica la loro introduzione, sono le nuove abilità di Aloy come la possibilità di attaccare capsule “elementali” alla lancia, la creazione di una bomba fumogena curativa e un attacco “agganciato” valido anche per aprire dei passaggi altrimenti invalicabili. Fonte di meraviglia esplorativa, una “macchina da presa” animale e meccanica per andare alla deriva tra i panorami producendo immagini straordinarie è il nuovo volatile cavalcabile detto Tuffaplano, capace di solcare i cieli e di immergersi nelle acque.

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INFINE GIUNSE L’AMORE

Una disperazione celata con coraggio e una solitudine sentimentale struggente hanno distinto Aloy durante gli eventi di Forbidden West, un desiderio d’amore frustrato e rinnegato nell’urgenza della sua missione. Quest’assenza d’amore nel rigore di un’abnegazione quasi mistica, è annullata finalmente in Burning Shores, alimentando un’innegabile commozione nel giocatore che decide (è opzionale) di fare cedere la donna al sentimento, alla dolce consolazione del sesso.

 

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Dopo anni di esilio e segregazione possiamo scegliere l’amore, e così vivremo un momento di raro lirismo, sebbene sia inevitabile temere le nubi di una possibile tragedia.  Si tratta di un bacio saffico, quindi per questo vituperato da qualche centinaio di intolleranti bacchettoni la cui ottusa, insensibile opinione si è trasformata in “recensione” negativa sugli aggregatori di voti tipo Metacritic.

 

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Questo bacio è invece uno dei momenti più alti della saga, senza dubbio il più necessario per Aloy e chiunque la ami come personaggio e motore d’avventura.  Tra le cose più ammirevoli da guardare su PlayStation 5, ma dispiace che non sia giocabile per chi ha esperito Horizon Forbidden West sulla quarta console di Sony, Burning Shores è un’espansione imprescindibile per tornare a navigare questo mondo disastrato quanto magnifico. È cosa bella eppure malinconica essere ancora una volta Aloy, vagheggiando il suo terribile, ancora ipotetico futuro.

 

 

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